Alla larga dal capitale garantito

Milano Finanza – PRODOTTI DI MODA

PRODOTTI DI MODA

Nell’ultimo anno è stato un vero boom. E la fortuna commerciale degli strumenti che promettono a caro prezzo la restituzione del patrimonio continua. Ma i gestori, sotto sotto, li considerano cattivi investimenti. Soprattutto dopo mesi e mesi di ribassi e a fronte di potenzialità di guadagno molto contenute

Alla larga dal capitale garantito di Paola Valentini

gestori italiani ed esteri li considerano un “cattivo investimento”, come rivela una recente ricerca riservata di Assogestioni. Malgrado ciò alcune società di gestione, in mercati azionari difficili, continuano a offrire prodotti a capitale garantito come unit linked, index linked e obbligazioni indicizzate il cui rendimento è legato a panieri di attività finanziarie. I motivi? Secondo l’indagine le società apprezzano tali prodotti per il loro potenziale commerciale: il risparmiatore pensa così di proteggere il suo investimento. Se non fosse per l’appeal sul consumatore e per la possibilità di costruire prodotti molto remunerativi per loro, le sgr non li considererebbero la migliore soluzione. Infatti, per molti money manager il problema della protezione del capitale potrebbe essere risolto con una corretta asset allocation, cioè una giusta ripartizione del patrimonio tra le varie attività finanziarie.
Non manca, però, chi tra i gestori decide di uscire allo scoperto. “Oggi questi prodotti hanno un grande appeal, li lanciano tutti, dalla compagnia di assicurazione alla cassa rurale e artigiana. Purtroppo una volta c’era un controllo molto più stretto sulla pubblicità da parte delle autorità, mentre oggi si vedono in giro messaggi pubblicitari che a volte possono essere fuorvianti”; dice Carlo Maria Mascheroni, amministratore delegato di Investitori sgr. Il money manager punta il dito sulle controindicazioni: “Sono prodotti poco trasparenti e che spesso hanno un regolamento complesso che ti tiene bloccato: solo alla scadenza ti accorgi che il capitale è si garantito, ma il guadagno è bassissimo. A questi strumenti sono preferibili le gestioni con lo stesso obiettivo di conservazione del capitale che presentano due vantaggi: innanzitutto l’investitore sa perfettamente ciò che c’è nel portafoglio; in secondo luogo una gestione è liquidabile in qualunque momento senza penalizzazioni”.

Gli fa eco Nicola Ricolfi, alla guida di Nextam partners: “I prodotti garantiti si adattano a due tipi di investitori: quelli che credono nelle favole che si sviluppano lungo il tema se c’è da guadagnare guadagni, se c’è da perdere non perdi. E quelli ceh ritengono intelligente assicurarsi contro il rischio che il cielo ti cada in testa. Due categorie di investitori diversi ma accomunati da un fattore: quello di non essere messi in condizione, da parte dei disinteressati collocatori di questi moderni elisir di sicura ricchezza, di valutare con precisione quali costi si sostengono a fronte della protezione da determinati rischi, grazie anche all’assurda mancanza di trasparenza concessa dalla legge”.

Illusione ottica. Se è vero che sono molto appetibili in mercati che scendono, in effetti, i prodotti a capitale garantito hanno pochi vantaggi da offrire al risparmiatore, che oltretutto li paga a caro prezzo. In cambio della certezza della restituzione del capitale, in media il rendimento che danno, quando c’è, è inferiore a quello degli indici sottostanti.
Importante è valutare come è calcolata la performance del paniere. Sono rari i casi in cui il calcolo avviene facendo la differenza tra il valore finale e quello iniziale del mix. Il più delle volte vengono conteggiate medie con rilevazioni periodiche della performance che non permettono di cogliere appieno la rivalutazione del paniere durante tutta la vita dell’investimento. Quando la variazione è negativa il rendimento è azzerato. Infine, è importante valutare quale sia la quota di partecipazione alla performance del paniere a scadenza. I fondi, poi, non possono essere per legge a capitale garantito e quindi quelli che sono in commercio mirano solo alla protezione, senza quindi dare la certezza di riavere indietro il 100% del patrimonio investito.
Si tratta pur sempre di una sorta di illusione ottica cha attira i risparmiatori spaventati dopo due anni di ribassi. “Chi costruisce questi prodotti cerca di renderli attraenti, ma non sempre sono fatti per guadagnare. Per esempio, in questo momento vanno molto le obbligazioni legate a un portafoglio di azioni dove il rendimento dipenderà dal fatto che tutti i titoli abbiano a scadenza un valore maggiore di quello attuale. In questo caso la promessa di guadagno è alta, ma la statistica dice che la probabilità di un evento del genere è molto bassa, anche perché spesso i titoli sono presi da settori diversi”, dice Jacopo Ceccatelli, amministratore delegato di Abbacus sim. E aggiunge anche Ricolfi: “Nella sostanza succede che all’investitore viene prospettata la possibilità di immunizzarsi da un evento che ha basse probabilità di avverarsi: per esempio, il fatto che indici azionari relativi a mercati evoluti presentino rendimenti negativi a cinque o più anni. Il cliente paga a carissimo prezzo questa protezione. Ma qual è il bello? E’ che il massimo della spinta commerciale su questi prodotti avviene dopo i ribassi delle borse, quando le reti non sanno più come trattenere i clienti inferociti e ricorrono all’arma estrema. Cioè proprio in quelle fasi in cui il rischio da cui l’ignaro investitore si protegge a caro prezzo ha le minori possibilità di realizzarsi”.
Un boom lungo due anni. Così, negli ultimi due anni, i garantiti hanno vissuto un vero e proprio boom. Tra i gruppi più attivi ci sono le Generali per i prodotti assicurativi, Bnl per i bond, Mediolanum per i fondi protetti e le Poste che hanno recentemente lanciato un prodotto studiato da Mediobanca.
Due dati su tutti. Nel 1996 le obbligazioni indicizzate pure emesse dalle banche erano pari a 0,2 miliardi di euro e nel settembre del 2001 avevano superato i 37,2 miliardi di euro su un mercato delle obbligazioni bancarie che vale 320 miliardi di euro.
L’ultimo a dare l’allarme, di fronte a questo proliferare di strumenti a capitale garantito, è stato il presidente della Consob, Luigi Spaventa:”Le obbligazioni bancarie strutturate presentano meccanismi di indicizzazione sempre più complessi con un aumento dei casi in cui vi è più di una clausola di riferimento per il calcolo degli interessi o del capitale a scadenza”. Stesso discorso per i prodotti assicurativi a capitale protetto (polizze index e unit linked). Nel primo semestre 2001, le polizze che investono in fondi (unit linked) o indici (index linked) rappresentavano oltre il 55% dei premi lordi delle assicurazioni vita.

Garantito non fino in fondo.

Normalmente le obbligazioni indicizzate garantiscono il rimborso del capitale investito e in più prevedono un rendimento a scadenza legato all’andamento di azioni, indici, valute o fondi comuni. E’ possibile che ci sia un rendimento minimo garantito al termine della durata. La garanzia del capitale può essere, però, vanificata se accadono alcuni eventi straordinari. Come il fallimento dell’emittente, una probabilità bassa perché di solito si tratta di istituti di prim’ordine, ma comunque presente.

Inoltre, la garanzia vale solo se si conserva in portafoglio l’obbligazione fino alla fine. Attualmente la maggior parte di bond quotati sono a sconto. Da non sottovalutare che acquistare un titolo indicizzato significa esporsi ai derivati. Infatti la costruzione tipica di un’obbligazione strutturata prevede uno zero coupon bond sulla base del quale è garantito a scadenza il capitale e strumenti derivati per ottenere il rendimento aggiuntivo.

Le unit linked con la garanzia del capitale investono in quote di fondi o sicav dai quali dipende il rendimento. Una unit è quindi paragonabile a una gestione patrimoniale in fondi, ma è più costosa. Tre i tipi di commissione: di ingresso (caricamenti), di gestione (doppie) e di uscita. Le polizze index linked? Sono simili alle obbligazioni indicizzate, rispetto alle quali hanno in più la forma assicurativa. (riproduzione riservata)