- Settembre 7, 2002
- Posted by: admin@nextam
- Categoria: Educational e Comunicati stampa
Milano Finanza
COME INVESTIRE ORA Primo capitale garantito? No, grazie. Secondo: in borsa meglio evitare il fai /da/te. Terzo: le buone azioni non mancano, ma senza rendimenti record. Tre punti da cui ripartire dopo un anno nero per il risparmio gestito. Parola di Nicola Ricolfi
Ricomincio dall’equity
di Roberta Castellarin
L’attivo nelle mani dei gestori italiani è passato da 490 a 481 miliardi di euro nell’ultimo anno. Una risposta emotiva al crollo delle borse? Non solo, dietro ci sono anche performance deludenti: solo 39 fondi su mille sono riusciti a rendere più del 5% in questo periodo. E una forte promozione da parte di banche e reti di prodotti alternativi, come polizze e prodotti a capitale protetto. Un numero su tutti: a settembre 2001 i promotori finanziari, in base a dati Assoreti, avevano collocato prodotti assicurativi per 310 milioni di euro, a luglio 2002, ultimo dato disponibile, il totale collocato ammontava a 727 milioni di euro. Un vero boom che segna la crisi dei fondi tradizionali. Milano Finanza ha chiesto a Nicola Ricolfi, partner di Nextam, di fare i conti con questo bilancio del risparmio gestito per capire quali siano oggi gli errori da evitare. E i capisaldi da cui ripartire.
Domanda. Questi ultimi 12 mesi sono stati segnati dalla grande fuga degli investitori verso Bot e fondi di liquidità. Qualcosa non ha funzionato nel sistema risparmio gestito, o si è trattato di una normale riduzione del rischio nei portafogli?
Risposta. Esistono due livelli di responsabilità, quello dei gestori e quello dei collocatori. Parlando di gestione, inutile nascondersi dietro un dito, in media i risultati sono scadenti in tutte le classi di attività, le società di gestione di qualità sono pochissime e prevale un atteggiamento da gregge nel quale l’eccellenza del prodotto non riceve alcuna priorità nella strategia dei grandi gruppi.
D. Unit linked a capitale protetto, index bond & co. Sono state le risposte di reti e banche al bisogno di sicurezza dei propri clienti. Ma è una strategia non priva di rischi. Per il sistema il rovescio della medaglia è che oggi questi capitali sono congelati. E per gli investitori?
R. Qui veniamo ai collocatori. Le strade percorribili erano due: quella della pianificazione finanziaria e quella della rincorsa del cliente prima eccitato e poi indiavolato. Direi che, con poche eccezioni, si è verificata un’univoca adesione alla seconda strategia.
D. L’offerta ha rincorso l’emotività della clientela, senza guidarla?
R. Si, prima i clienti vedono nelle borse il nuovo Eldorado ed ecco che oltre la metà dei fondi settoriali viene creata un anno prima che esploda la bolla speculativa. I clienti due anni dopo manifestano il loro disgusto per i ritorni realizzati? Voilà, la nuova frontiera del capitale garantito, degli strutturati e via dicendo. Prodotti perfetti per chi crede che esista uno strumento che possa garantire a prezzi onesti l’equazione “se c’è da guadagnare guadagni, se c’è da perdere non perdi”.
D. Come funzionano esattamente?
R. Viene prospettata la possibilità di immunizzarsi da un evento che ha basse probabilità di avverarsi (e cioè che indici azionari relativi a mercati evoluti presentino rendimenti negativi a cinque o più anni), pagando l’assicurazione come se questa si riferisse a un rischio concreto, a carissimo prezzo e in condizioni di trasparenza al limite della presa in giro. Il bello è che il massimo della spinta commerciale su questi prodotti avviene ora, a disastro avvenuto, e quando le reti non sanno più come trattenere i clienti inferociti e ricorrono all’arma estrema. Alla faccia della consulenza.
D. Passiamo agli hedge fund, nel 2002 hanno registrato sempre una raccolta positiva e sono stati considerati come un’efficace strategia anti-orso. Ma non c’è il rischio che si crei una bolla speculativa in questo settore?
R. Credo che una certa, e comunque non prevalente, esposizione a hedge fund possa migliorare l’efficienza del portafoglio. Il punto è che in Italia l’approccio a questa classe di attività a volte pare di tipo miracolistico: delusi dalla gestione tradizionale, che nei suoi risultati medi è stata indiscutibilmente di mediocre qualità, si tende a sopravalutare una capacità degli hedge di guadagnare sempre e comunque che nei fatti non esiste, e comunque è limitata ad un piccolo numero di gestori di grande qualità.
D. Quindi?
R. Benissimo investire anche in hedge, ma con enorme selettività e non contando sul miracolo quando le borse scendono.
Da gestore tradizionale oggi impegnato anche nella gestione di un hedge, garantisco che si tratta di un esercizio che mette a dura prova anche i migliori fund manager.
D. Fatto il punto sulle scelte passate, oggi in investitore può riavvicinarsi alla borsa?
R. L’unica cosa che si può onestamente dire è che, verosimilmente, gran parte della correzione delle valutazioni azionarie è alle nostre spalle, ma che potremmo comunque rimanere a lungo in un mondo fatto di rendimenti in assoluto modesti. Chi ha tempo e soprattutto un buon gestore avrà comunque sempre modo di giustificare il rischio che si assume iniettando buone azioni nel proprio portafoglio.
D. Allora, quali azioni conviene oggi mettere in portafoglio? Come si possono selezionare?
R. Il fatto che, nella media, i gestori abbiano dato cattiva prova di sé non significa che l’alternativa migliore sia quella di selezionare azioni da soli. Sarei curioso di valutare quanti dei maghi del trading on-line che tre anni fa magnificavano le loro doti di novelli re Mida oggi osano solo parlare di azioni. Selezionare titoli è un lavoro, per di più durissimo in periodi come questo.
Meglio selezionare un gestore: le performance sono lì da vedere. (riproduzione riservata)
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